Quando ero giovane e costruivo la mia vita attraverso frasi celebri, che non capivo ma che copiavo pedissequamente nel diario di scuola, credo, all’interno del filone “L’Attimo Fuggente”, di aver citato Prince “Bisogna vivere una vita per capire la vita. I turisti ci passano solo attraverso” e Seneca “Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e ci vuole tutta la vita per imparare a morire” . Del resto, cosa ci si poteva aspettare da una tribu’ di ragazze in un istituto magistrale che giocavano alla Setta dei Poeti Estinti, quando non erano impegnate a ballare Fame?
Lascio l’atmosfera “amarcord” per considerazioni ben piu’ pesanti. Purtroppo negli ultimi tempi mi sono imbattuta molto spesso nella Signora Morte, prima con il volo di Federica, poi come un tema ad un congresso dell’AIOM sull’accompagnamento al fine vita, ed infine nelle confidenze di alcune amiche.
“L’oncologo ha detto a mio padre che e’ inutile continuare con la chemioterapia, perche’ gli restano solo due mesi di vita. E mio padre non voleva piu’ alzarsi dal letto”. “La dottoressa mi ha detto che, se non funziona questo farmaco, per me non ci sono piu’ speranze e continuava a ripetermi affranta che le dispiaceva”. “Quando mio padre e’ entrato nello studio della dottoressa, ha capito, guardando mia madre, che le era stato gia’ detto tutto”.
Signori dottori, quando la smetterete di giocare a fare Dio? Almeno il Figlio del falegname aveva avuto al decenza di promettere al ladrone, appeso alla croce, una grande ricompensa: “Oggi tu sarai con me in paradiso“. Io credo che quasi tutti i pazienti si pongano e pongano con insistenza la domanda “quanto mi resta?“, ma sono altrettanto convinta che questa richiesta sia in realta’ soltanto una domanda di speranza. Federica voleva poter entusiasmarsi con un mutuo, quel padre vuole guardare serenamente il panorama dalla finestra di casa, quella madre desiderava continuare a fantasticare sul futuro delle nipoti, M. chiede di venire a danzare con la speranza che arrivino sempre nuovi farmaci.
La morte e’ inevitabile. Lo dico sempre ai miei bambini che l’unico “bisogna” e’ soltanto il morire e non sappiamo quando. Mi chiedo quindi: non vogliamo sentire “quella” risposta perche’ non siamo preparati? Perche’ la cultura odierna ci vuole giovani belli ed immortali? Dovremmo, appunto, vivere la vita per imparare a morire?
Signori dottori, ho intenzione di scrivere una lettera sull’enciclopedia a me dedicata #19363. Quando la scienza medica (quella per cui 2+2 = da 3 a 5) non avra’ piu’ alcuna alternativa, e’ mia volonta’ non saperlo. Non uccidetemi prima del MIO tempo. Io voglio morire vivendo la vita. Se non riesco a confessarmi, pazienza, il Padre Eterno dovra’ usare la carta vetrata per pulire la mia animella. Io voglio continuare ad aprire gli occhi e guardare il sole, e al mutuo della casa ci penseranno gli eredi.