http://www.tvavicenza.it/a_ITA_2155_1.php
Dal 34mo minuto il servizio di Elisa Santucci sulla trama allestita a Montecchio Maggiore in collaborazione con l’ANDOS Ovest Vicentino e l’ULSS 5. Grazie!
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Dal 34mo minuto il servizio di Elisa Santucci sulla trama allestita a Montecchio Maggiore in collaborazione con l’ANDOS Ovest Vicentino e l’ULSS 5. Grazie!
IL CATALOGO, IN CUI RACCONTO LA MIA STORIA NON SOLO ATTRAVERSO DEGLI SCATTI FOTOGRAFICI, E’ IN VENDITA A 13,00 EURO. RINGRAZIO MARCO LEGUMI, SUPERBO ART DIRECTOR, E LE EDIZIONI CLEUP. CONTATTATEMI SE SIETE INTERESSATI ALL’ACQUISTO!
Carissimo angelo,
le nostre vite si sono incrociate per Caso e per breve tempo, ma questo non mi ha tolto la possibilita’ di ammirare il modo con cui hai affrontato il “coccodrillo” e vissuto la tua, la nostra, malattia. Carissima, oggi sono un po’ arrabbiata. O forse delusa. Delusa da chi, credendosi “nostra” paladina, regala pensieri di morte e diagnosi gratuite. Sono delusa da chi inventa storie patetiche o enfatizza e generalizza effetti collaterali che non ha per sfogare la propria rabbia. Non e’ cosi che si affronta il coccodrillo, con l’angoscia di un domani incerto o l’ipocrisia del presente. Bisogna sentirsi sane dentro… cosi col cancro si convive, si cresce, si lotta. E tu sei guarita, Carlotta. Dentro tu sei guarita.
Tu hai scritto Il cancro? Un dono
La cosa più importante di tutte non è quante metastasi abbiamo in corpo. La cosa più importante è sentirsi sane, nonostante tutti i referti dicano il contrario.
Così con il cancro si convive, si cresce, si lotta.
Così la vita diventa ancora più degna di essere vissuta.
Con l’amore intorno e la disciplina dentro.E la certezza che la Vittoria è lì, da qualche parte, che mi aspetta.
E la certezza che avere il cancro e poterlo combattere è in assoluto la cosa di cui sono più orgogliosa nella mia vita.Le medicine curano.
Poi c’è l’anima, c’è il coraggio. C’è l’amore intorno e la disciplina dentro.
E queste sono cose che guariscono.
http://www.nytimes.com/projects/your-breast-cancer-stories/?story=932
tra le tante facce, le tante storie, c’e’ anche la mia
13 ottobre: negli Stati Uniti giornata di sensibilizzazione sul cancro al seno IV stadio. Quello con metastasi. Post su FB, messaggi su twitter… video… Chi ti assicura che ha un parente di un amico che da anni vive con le metastasi, chi ti scrive asciutto “rassegnati”.
Io sono qui. In questi giorni sto preparando l’allestimento della mostra fotografica all’ospedale di Montecchio Maggiore (Vicenza) e so che molti miei compagni di cordata e molti dei loro familiari guarderanno le mie foto, faranno proprio il mio messaggio, la mia esperienza. Speranza. Qualcuno fa derivare questa parola dalla fragilita’ del piede. Si, ma col mio piede, fragile, io posso danzare. E anche stasera danzo la vita.
All’Ospedale Civile di Montecchio Maggiore (Vicenza) il 18 ottobre sara’ inaugurata alle ore 11.30 la mia mostra che rimarra’ aperta fino a fine mese.
Sara’ possibile anche acquistare il catalogo relativo. Grazie all’ANDOS, e in modo particolare alla splendida Piera Pozza.
“Ma vorrebbe avere dei figli BRCA2+ come lei?“, mi chiede il ginecologo oncologo.
E’ americano, ma la mia mente lo associa ad esperimenti di eugenetica nazisti. Il fatto e’ questo: il mio cancro proviene da una mutazione genetica, allora per garantirmi l’immortalita’ mi vengono proposte la mastectomia profilattica e la rimozione di utero ed ovaie. Dopo lo sconcerto, o almeno stupore, di sentire annunciata la perdita della possibilita’ di generare un figlio (indipendentemente dal fatto che questo rientri o meno nel mio progetto di vita), mi viene da obiettare:
a. non mi e’ mai passata, neppure per l’anticamera del cervello, l’idea di “colpevolizzare” i miei antenati per questo corredo cromosomico;
b. beh… c’e’ tanta gente in giro che ha “alterazioni” ben piu’ gravi;
c. questa mutazione non implica necessariamente lo sviluppo della malattia ed i figli non necessariamente la presentano, Mendel docet;
d. e se mia/o figlia/o scoprisse il modo per debellare il cancro?
Eppure non sono cosi forte da parlare. Quando arrivo a casa piango. Non pensando alla maternita’. Ma pensando, ancora una volta, a come il cancro ti faccia sentire “sporco”. Anzi, lui no, ma tanta gente si.