Federica (20.12.2014)

Federica l’ho conosciuta alla spa del San Bortolo nel 2012, parlando di parrucche. Lei se ne stava scegliendo una, io le ho consigliato un tipo di shampoo. Alla fine lei ha scelto di comprarsene una, e la cosa buffa e’ che questa parrucca, da lei battezzata “Monica”, ha ispirato la sua attuale acconciatura.

Federica e’ quella che, togliendosi la maglia, ha fatto volare la parrucca nello studio dell’oncologo e, prontamente, ha esclamato “scusi, ma credo lei sia abituato”… ed il dottore era calvo.

Federica e’ quella che, quando dice, “ragazze ho un’idea”, sta parlando di un ristorante, solitamente cinese.

Con Federica e V. faccio colazione all’Elisir…e troviamo sempre il motivo per festeggiare il club delle “amiche cancerogene”. Con Federica e V. vado a vedere i film di Woody Allen. Con Federica vado a cena da V. – ovviamente cucina suo marito- e continuiamo a passarci il ventaglio e a toglierci e rimetterci le maglie.

In realta’ e’ da giovedi scorso che bestemmio. A Federica e’ stata diagnosticata una recidiva alle ossa, ma deve fare ulteriori esami per verificare che non siano compromessi altri organi. Di fronte alla Casualita’ che regna sovrana e che mi impedisce di chiedermi il perche‘ di tale ingiustizia, mi sento come se fossi stata pugnalata alle spalle…e avessi di fronte il suo (il mio…) baratro. Mi girano le palle. Del “club delle cancerogene”, io sono la veterana. Io ero l’unica che nel 2012 stava affrontando la recidiva, io sono quella piu’ “avanti“, quella che deve dare il buon esempio, il segno di speranza. Io sono quella che ripete le chemioterapie ciclicamente, che ne mostra i risultati. Io sono quella che fa danza anche con l’osteoporosi. Si, sono la Mamma Oca e loro sono i miei pulcini.

Da una settimana, Federica e’ il mio pensiero dominante. “Come stai?”, le chiedo. “Alterno momenti in cui faccio lo struzzo a momenti in cui mi chiedo se diventero’ un fantasma”, mi risponde.

Federica, mi autonomino tua mentore. Siccome ci sono gia’ passata, e la recidiva e’ di gran lunga peggiore della prima volta, non farti scrupolo a chiamarmi anche per cazzate”.

“Noemi, tu pero’ mi prometti di avvisarmi se e quando non te la senti, perche’ non devo tirar giu’ anche te”.
“Promesso Fede. Io so che prendermi cura di me stessa e’ la prima cosa per far star bene anche te”.

“Comunque ti devo dire una cosa…tu la mia mentore lo sei sempre stata… da quando ti ho conosciuta e stavi organizzando il viaggio dei quarant’anni…”

Concludo con le parole di un’altra Federica, la Boifava:
ma non riesco a scollarmi dalla pelle quel brivido folle che m’ha attraversato il corpo quando, aperta la carta,  ho visto il mondo sgretolarsi in un mare profondo. E’ come se la Vita stessa, con una pacca sulla spalla, m’avesse cantato nelle orecchie “ragazza, buon viaggio”.

m e t a s t a s i

Siamo in tante. Affrontiamo la battaglia per la prima volta, sperimentiamo chemioterapia, radioterapia, biopsia e tutti i disagi, le paure, i dolori collegati alla malattia, ai farmaci ed ai loro effetti collaterali. Poi ne usciamo, pare. Ed impariamo a gustare ogni briciola della torta chiamata vita. Ci sentiamo di nuovo belle, di una bellezza arricchita dalle cicatrici della battaglia affrontata. Ci sentiamo forti, sicure della lezione imparata. Ci sentiamo, pare assurdo, quasi immortali…consapevoli della fragilita’ della nostra esistenza ma sicure che stiamo per riprendere un “nuovo inizio”. E ci illudiamo che, d’ora in avanti, la vita sara’ solo che meravigliosa.

Non so se questo valga per tutte, per molte o solo per poche. Ma per me e’ stato proprio cosi. Dopo aver superato quasi quattro anni dalla prima diagnosi, mi sentivo sicura di aver gia’ “dato il mio contributo alla scienza”, mi pareva che fosse giunto il momento di riscuotere cio’ che il cancro mi aveva tolto. Anzi, avevo scritto addirittura dei “doni del mio cancro”, leggendo nelle vicissitudini collegate alla malattia una sorta di provvidenza – di sicuro un setaccio nelle mie relazioni.

Ma la vita non e’ giusta. E la recidiva ce lo ricorda per la seconda volta. Ed e’ terribile. Vengono meno tutte le certe illusioni in cui ci siamo cullate. Adesso la nostra diagnosi non e’ piu’ limitata al primo, al secondo o al terzo stadio. Ora c’e’ la terribile parola METASTASI che inizia con la stessa lettera di una parola che non vogliamo sentire, con la quale non vogliamo fare i conti. Ci terrorizza la misura dei “5 anni” perche’ sappiamo che la soglia della sopravvivenza e’ per molte un miraggio. Cosa facciamo con questo conto alla rovescia innescato nel nostro corpo? Come facciamo a godere di questi scampoli di vita quando le cure a cui ora siamo sottoposte ci rendono fragili e oltremodo vulnerabili? Quando anche una passeggiata non e’ piu’ un piacere?

13 ottobre. Veramente troppo poco per dare una speranza a tutte le donne coraggiose che conosco.

RAGAZZA, BUON VIAGGIO

Alcuni giorni fa, mentre leggevo alcune parole della trail runner Federica Boifava, che si prepara per una corsa in Cile, l’Ultra Fiord, pensavo anche ad un’altra mia amica, che chiamero’ F. (come Forza e Fede-nella-Vita)
Ho conosciuto F. alla spa (sala infusioni day hospital) del mio ospedale nel 2012, parlando di parrucche. Lei se ne stava scegliendo una, io le ho consigliato un tipo di shampoo. Alla fine lei ha scelto di comprarsene una, e la cosa buffa e’ che questa parrucca, battezzata col nome “Monica”, ha ispirato la sua attuale acconciatura.

F. e’ quella che, togliendosi la maglia, ha fatto volare la parrucca nello studio dell’oncologo e, prontamente, ha esclamato “scusi, ma credo lei sia abituato (alle teste glabre)“… ed il dottore era calvo.

F. e’ quella che, quando dice, “ragazze ho un’idea“, sta parlando di un ristorante, solitamente cinese.

Lei fa parte del mio club delle “amiche cancerogene”, quelle a cui, mentre si assaporano the e pasticcini, continuo a passar il ventaglio e con le quali mi alterno a mettere  e infilare le maglie.
E’ da qualche giorno che bestemmio. A F. e’ stata diagnosticata una recidiva. Di fronte alla Casualita’ che regna sovrana e che mi impedisce di chiedermi il perche‘ di tale ingiustizia, mi sento come se fossi stata pugnalata alle spalle…e avessi di fronte il suo (il mio…ma in questo periodo sono speranzosa ed ottimista per quanto mi riguarda) baratro. Mi girano le p****. Del “club delle cancerogene”, io sono la veterana. Io ero l’unica che nel 2012 stava affrontando la recidiva, io sono quella piu’ “avanti“, quella che deve dare il buon esempio, il segno di speranza. Io sono quella che ripete le chemioterapie ciclicamente, che ne mostra i risultati. Io sono quella che fa danza anche con l’osteoporosi. Si, sono la Mamma Oca e loro sono i miei pulcini.

Da una settimana, F. e’ il mio pensiero dominante. “Come stai?”, le chiedo. “Alterno momenti in cui faccio lo struzzo a momenti in cui mi chiedo se diventero’ un fantasma”, mi risponde.

F., mi autonomino tua mentore. Siccome ci sono gia’ passata, e la recidiva e’ di gran lunga peggiore della prima volta, non farti scrupolo a chiamarmi anche per ca**ate”.

“Noemi, tu pero’ mi prometti di avvisarmi se e quando non te la senti, perche’ non devo tirar giu’ anche te”
“Promesso. Io so che prendermi cura di me stessa e’ la prima cosa per far star bene anche te”
“Comunque ti devo dire una cosa…tu la mia mentore lo sei sempre stata… da quando ti ho conosciuta e stavi organizzando il viaggio dei quarant’anni…”
Mi vengono in mente le straordinarie presenze dei miei amici nella mia vita, la loro vicinanza con visite, telefonate, feste, mail… ed auguro anche a lei una ciurma cosi straordinaria.

E concludo con le parole della Boifava:
ma non riesco a scollarmi dalla pelle quel brivido folle che m’ha attraversato il corpo quando, aperta la carta,  ho visto il mondo sgretolarsi in un mare profondo. E’ come se la Vita stessa, con una pacca sulla spalla, m’avesse cantato nelle orecchie “ragazza, buon viaggio“.